lunedì 30 gennaio 2012

Le prove audiometriche; cosa sono!?

L'Audiometria tonale in cuffie è la procedura che consente il rilievo della soglia uditiva per stimoli semplici come i toni puri.
Lo scopo dell’audiometria tonale è di misurare la soglia uditiva attraverso la conduzione per via aerea e via ossea, in modo da fornire, qualora ci fosse, una descrizione del “grado” e del “tipo”di deficit uditivo.

Il test si esegue, in ambito sanitario pubblico e privato, dal tecnico audiometrista ( figura professionale sanitaria dell’area tecnica diagnostica), il risultato è interpretato dallo stesso tecnico audiometrista che fa una valutazione tecnica classificando il danno uditivo, precisando il grado di sordità sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.

L'interpretazione clinica viene eseguita da un otorinolaringoiatra ( si occupa del trattamento medico e chirurgico delle patologie dell'orecchio, del naso, della gola e delle altre strutture correlate della testa e del collo). L'Audiometria tonale in cuffia (Soglia uditiva per via ossea e per via aerea) viene svolta in ambiente silente, generalmente all'interno di una cabina insonorizzata dove viene fatto accomodare il soggetto e gli viene fatto indossare delle cuffie.

La procedura consente il rilievo della soglia uditiva per stimoli semplici come i toni puri, ossia toni con una singola frequenza di vibrazione, sono presentati:
– Per via aerea attraverso l’utilizzo di cuffie e/o inserti 
– Per via ossea attraverso un vibratore osseo.
Cosa succede una volta inviati gli stimoli?
Quando lo stimolo viene inviato per via aerea il suono attraversa l’orecchio esterno e medio prima di raggiungere la coclea ed il nervo acustico. Lo stimolo condotto per via ossea raggiunge invece la coclea attraverso la vibrazione delle ossa craniche. 
Cosa deve fare il soggetto che sta svolgendo la prova?
Quando il soggetto sente lo stimolo deve o fare un cenno al medico o premere dei pulsanti per far capire al tecnico audiometrista che quella precisa soglia di tono è stata percepita. Questo passaggio deve avvenire ogni volta che il bambino sente il suono. 


venerdì 27 gennaio 2012

Ipoacusia

L’orecchio di un ragazzo è in grado di udire suoni di frequenza compresa tra i 20 e i 20.000 Hz e di intensità superiore ai 10-20 dB. Nelle prove audiometriche la soglia di udibilità viene ricercata tra i 125 e i 8000 Hz per un’intensità compresa tra i -10 e i 120 dB. Dalle prove audiometriche si evince la definizione di normoacusico ovvero un soggetto che è in grado di percepire suoni di intensità pari o minore ai 20-25 dB per tutte le frequenze dei toni. L’ipoacusia, quindi in base a tale definizione, può essere definita come un deficit uditivo in cui il soggetto non è in grado di percepire suoni di intensità superiore ai 25 dB per alcune o tutte le frequenze dei toni.
Non tutte le ipoacusie sono uguali, infatti queste possono essere causate da ereditarie, neurosensoriali, cause miste. Tale deficit può manifestarsi in qualsiasi età: nella fanciullezza, nell'età adulta o anche nell'anzianità.
Vi sono inoltre tre tipi di ipoacusie determinate dal livello del danno:
  1. ipoacusia lieve: tale deficit è caratterizzato da un abbassamento della soglia uditiva tra 20 e 40 dB. Essa, a parte la non audizione di suoni e rumori fievoli, non comporta nel bambino nessun problema nell'apprendimento del linguaggio
  2. ipoacusie medio/lievi: deficit uditivo caratterizzato da un abbassamento della soglia uditiva che varia tra i 40 e 65 dB. Tale deficit, se diagnosticato nei primi mesi di vita di un bambino, non porta quasi nessun rischio nell'imparare il linguaggio.
  3. ipoacusia profonda: tale deficit si attesta con perdite uditive che variano dai 65 agli 85 dB. Come nella sordità, se essa si manifesta in età preverbale, l'apprendimento del parlato risulta essere molto precario. 

lunedì 23 gennaio 2012

I servizi

Nei post precedentemente pubblicati ho parlato di alcuni servizi che il servizio Attilio Stocco offre ai suoi utenti e alle famiglie. Ma voglio essere più chiara ecco che ho deciso di esplicitare meglio le attività del Centro Servizi Disabilità Sensoriali, che sono:
1. Servizio di assistenza scolastica integrativa di ogni ordine e grado,o comunque siano al conseguimento di una qualifica professionale
2. Servizi connessi al ricovero in istituti specializzati
3. Rieducazione e riabilitazione funzionale delle disabilità uditive, comunicative e cognitive audiolese
4. Consulenze in ambito pedagogico e didattico
5. Aggiornamento e formazione per operatori delle ASL, insegnanti, "lettori" addetti al servizio di assistenza scolastica integrativa, familiari delle persone colpite da disabilità sensoriali
6. Sviluppo di programmi di studio e ricerca relativi alla disabilità sensoriale
7. Laboratorio Tiflopedagogico, attraverso il quale vengono forniti i servizi relativi ad ingrandimento e 
rieditazione dei testi scolastici per gli alunni ipovedenti e alle trascrizioni in Braille per i ciechi.

Ecco che il centro si mostra e propone come un servizio che sostiene e da forza alle famiglie e ai ragazzi con deficit di qualsiasi tipo, creando così una grande rete di mutuo-aiuto.


sabato 21 gennaio 2012

Louis Braille: la storia.

Simon-René Braille, padre di Louis era un sellaio. A tre anni Louis si infortunò all'occhio sinistro nell'officina paterna con un cacciavite arrugginito e a seguito dell'estesa infezione perse la vista anche all'occhio destro e divenne progressivamente cieco.
Il giovane però non si abbatté e a 10 anni vinse una borsa di studio alla Institution des Jeunes Aveugles un Istituto per giovani ciechi a Parigi. Questo istituto era uno dei primi centri specializzati per persone non vedenti, ma le condizioni di vita non erano delle migliori: alle persone venivano insegnati diversi mestieri ma venivano continuamente maltrattati dal personale. Ai ragazzi della scuola veniva insegnato a leggere con il metodo Valentin Haüy che permetteva di leggere attraverso il tatto i caratteri della stampa in nero ma messi in risalto da un filo di rame posto sull'altro lato del foglio. Questo metodo però d'altro canto non permetteva alle persone di scrivere.

Louis Braille venne ispirato diversi anni dopo da una visita a scuola da parte di un militare che descrisse un metodo, usato dalle forze armate per i dispacci notturni, per trasmettere messaggi in rilievo basato su dodici punti;  segni convenzionali che rappresentano degli ordini da 'leggere' con le dita. 

Alla fine della guerra, il capitano, al quale non serviva più questo metodo, pensò di applicarlo per la comunicazione tra i ciechi.
Questo metodo permetteva di scrivere attraverso una stecca scorrevole forata, ma non teneva conto dell'ortografia, delle cifre e dei segni di interpunzione. 
Il direttore del collegio lo prese comunque in considerazione come metodo accessorio di insegnamento.
Braille però fece notare che c'erano delle lacune e cercò di porvi rimedio e dopo tante prove e ricerche, Braille inventa 63 combinazioni di segni per le lettere dell'alfabeto, le vocali accentate, le cifre, i segni matematici e i segni di interpunzione. Da questo incontro Braille inventò il metodo basato sui sei punti, che porta il suo cognome: Braille
Anche se malato a causa dell'infezione contratta da bambino la sua curiosità verso le migliorie del metodo non lo abbandona e lo porta a continuare la ricerca ed inventò un macchinario che permetté ai non vedenti di scrivere esclusivamente per i vedenti: rafigrafo; anche se non venne molto applicato a causa della sua complessità. Sarà l'invenzione della macchina da scrivere a permettere questo tipo di comunicazione.
Il beneficio più rilevante rispetto al metodo Haüy era che permetteva e permette sia di leggere sia di scrivere.
Più tardi ideò un'estensione del metodo per la matematica chiamandolo Nemeth Braille e un' estensione per le note musicali, Codice musicale Braille.
Per meglio capire ecco una immagine dell'alfabeto Braille (i puntini anneriti sono le parti in rilievo nel foglio quindi le parti che con tatto permetteranno di leggere la lettera al non vedente.) 

giovedì 19 gennaio 2012

L'ipovisone a scuola.

Collegandomi al post precedentemente pubblicato mi sembra opportuno parlare del supporto che il centro da alle persone soggette ad iposivione.

I ragazzi dai undici anni in poi possono comodamente portare i loro testi scolastici al centro e degli addetti si applicheranno a trasformare il testo in testo Braille o ingranditi nonché del materiale tattile integrativo e di supporto alle attivita' didattiche, al fine di facilitare il processo di integrazione scolastica dell'alunno con deficit visivo. Se i testi invece sono per le scuole di ordine inferiore quindi dotati di maggiori immagini rispetto a questi, la trasformazione sarà fatta in Braille nella parte dei testi mentre per la parte delle immagini saranno trattate con metodi di disegno in rilievo e di materiali diversi da quello della carta per facilitare la "lettura tattile" di questa.
Come faranno mai a legge i soggetti ipovedenti o affetti da un deficit visivo assoluto?
Semplice, avendo perso l'utilizzo totale o parziale della vista hanno affinato e sviluppato maggiormente gli altri sensi sopratutto il tatto. Utilizzando le dita, nello specifico i polpastrelli i ragazzi riescono a leggere ciò che c'è scritto sul foglio decodificando la composizione dei punti Braille nelle lettere alfabetiche che conosciamo anche noi normo vedenti. Questa capacità di lettere il sistema Braille è tanto più facile da acquisita tanto si è piccoli, col progredire dell'età in cui si manifesta per la prima volta il deficit è sempre più difficile acquisire una ottima competenza nel leggere il Braille. Per fortuna la tecnologia ha fatto passi da gigante e il designer Hyung Jin Lim ha ideato e realizzato un concentrato tecnologico che permette a tutti di tradurre testi Braille: il "Braille Interpreter"; è un guanto dotato di un sensore all’estremità del dito indice capace di leggere e tradurre simultaneamente le varie combinazioni di puntini dell’alfabeto braille. La traduzione del testo viene successivamente elaborata in traccia audio ed inviato via bluetooth all'auricolare dell’utente.
Geniale no!? :)


mercoledì 18 gennaio 2012

Il deficit visivo.

Eccomi a rispondere a Giada.
Certo nel centro vi sono anche utenza affetta da, come si dice gergalmente, deficit visivo. Ora ti spiego di cosa si tratta.
All'ora il deficit visivo o meglio chiamata ipovisione è una condizione fisica di limitata capacità dell'occhio di risolvere e percepire dettagli fini di un oggetto e dipende direttamente dalla nitidezza dell'immagine proiettata sulla retina (capacità che si chiama in termini specifici acutezza) avendo notevoli conseguenze sulla vita di tutti i giorni. Può essere causata da vari fattori. La vista si può ridurre fortemente in seguito a patologie che possono colpire diverse strutture oculari come la cornea alla retina, fino al nervo ottico.
Vi sono diversi tipi di acutezza visiva, che si stabiliscono a seguito di controlli oculistici specializzati in questo tipo rilevazione di deficit, tra i più rilevanti ci sono:

  1. minima acutezza di visibilità, cioè l'angolo minimo in cui l'occhio percepisce\riconosce uno stimolo visivo;
  2. minimo angolo di risoluzione, indica lo stato di salute della retina e la bontà e precisione del sistema ottico oculare nella valutazione della distanza tra due stimoli visivo posti vicini;
  3. acuità di allineamento, s'intende il minimo spostamento spaziale percepibile tra due figure, a volte è talmente elevato che viene anche denominata super acuità;
  4. acutezza visiva di riconoscimento, è il genere più comunemente conosciuto ed esprime la capacità di riconoscere una determinata forma tra le tante possibili (attraverso il processo di discriminazione) come ad esempio una lettera dell'alfabeto;
  5. sensibilità al contrasto, è la capacità del sistema visivo di apprezzare il contrasto fotometrico, cioè la differenza di luminosità che presentano due zone adiacenti.
Questi tipi di controlli visivi venivano effettuati, tutti e cinque, su ogni paziente per avere così un quadro clinico più dettagliato e più specifico del tipo di ipovisione che il soggetto portava.