L’orecchio di un ragazzo è in grado di udire suoni di frequenza compresa tra i 20 e i 20.000 Hz e di intensità superiore ai 10-20 dB. Nelle prove audiometriche la soglia di udibilità viene ricercata tra i 125 e i 8000 Hz per un’intensità compresa tra i -10 e i 120 dB. Dalle prove audiometriche si evince la definizione di normoacusico ovvero un soggetto che è in grado di percepire suoni di intensità pari o minore ai 20-25 dB per tutte le frequenze dei toni. L’ipoacusia, quindi in base a tale definizione, può essere definita come un deficit uditivo in cui il soggetto non è in grado di percepire suoni di intensità superiore ai 25 dB per alcune o tutte le frequenze dei toni.
Non tutte le ipoacusie sono uguali, infatti queste possono essere causate da ereditarie, neurosensoriali, cause miste. Tale deficit può manifestarsi in qualsiasi età: nella fanciullezza, nell'età adulta o anche nell'anzianità.
Vi sono inoltre tre tipi di ipoacusie determinate dal livello del danno:
- ipoacusia lieve: tale deficit è caratterizzato da un abbassamento della soglia uditiva tra 20 e 40 dB. Essa, a parte la non audizione di suoni e rumori fievoli, non comporta nel bambino nessun problema nell'apprendimento del linguaggio
- ipoacusie medio/lievi: deficit uditivo caratterizzato da un abbassamento della soglia uditiva che varia tra i 40 e 65 dB. Tale deficit, se diagnosticato nei primi mesi di vita di un bambino, non porta quasi nessun rischio nell'imparare il linguaggio.
- ipoacusia profonda: tale deficit si attesta con perdite uditive che variano dai 65 agli 85 dB. Come nella sordità, se essa si manifesta in età preverbale, l'apprendimento del parlato risulta essere molto precario.
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